30/11/2016 – 07/05/2017
Roma, Palazzo Braschi
Artemisia Gentileschi e il suo tempo
Artemisia Gentileschi è un simbolo di autonomia e di forza nell’oscuro periodo a cavallo tra la fine del 1500 e il 1600, un’epoca di forti dibattimenti politici, religiosi e culturali, nei quali non era facile emergere come donna e come artista.
Le contemporanee scoperte galileiane forgiano menti nuove, ma la scienza fatica ad imporsi. In questo periodo torbido ma fecondo, grandi artisti hanno tracciato il cammino: Raffaello, Michelangelo, Tiziano, Tintoretto. L’epoca è quella di Caravaggio, dominatore illustre della scena artistica.
Una vita articolata quella della Gentileschi, piena di pathos, di dolore, di contraddizioni e di avventura. Il padre di Artemisia, Orazio Gentileschi, è illustre pittore di grande talento.
La mostra descrive l’arte alla vecchia maniera, come crocevia di influenze, di rapporti tra pittori e committenti. Si parla di Artemisia e del suo entourage, non del suo stile, quanto di vicende e di incontri e della sua triste storia personale segnata dalla violenza. Nell’arte della Gentileschi luce e buio si alternano. Carnalità, enfasi, personaggi del mito e delle sacre scritture, uomini e donne del quotidiano si avvicendano in composizioni di grande effetto.
Lo stile è ricco di prospettive differenti nella medesima visione, frutto di una sperimentazione prospettica continua. La direzionalità della luce, seppure a volte arbitraria, favorisce la tridimensionalità dei corpi. I fondi sono sovente scuri, i colori faticano ad emergere, i toni sono bruni, rosso cupo, verde di agave al tramonto, panna negli abiti, giallo ocra e poi rosa nella carne. La Gentileschi ritrae i volumi con maestria, il suoi corpi sono voluminosi e pieni, la pelle è ritorta sull’adipe. Conosceva bene il corpo delle donne sotto le vesti Artemisia, maestra di un’anatomia precisa, nata dall’osservazione di se stessa. La figura umana emerge innanzitutto, e nella tela domina l’azione, la cosa che le interessa veramente, a costo di tagliare le figure, di farle affacciare come da finestra sulla tela. Le donne mostrano la gola elemento di seduzione ricorrente, ma i soggetti sono cruenti, mani e braccia tese sono sollevate in atto di offendere, di ferire, ti tagliare. Il desiderio, sottolineato fin troppo dai critici, è di rivalsa sull’uomo maledetto e violento.
La selezione delle opere scelta per la mostra “gioca sull’orrido”, osserviamo una collezione di raffigurazioni e di situazioni analoghe per soggetto e composizione . Naturalmente questo “tira” e dà, secondo i curatori, carattere all’esposizione.
Avrebbero potuto fare di meglio, essere più fedeli alla pluralità dei soggetti che la Gentileschi, diventata artista di fama, richiesta ed ammirata nel suo tempo, produce anche insieme ad altri regalandoci una delle rarissime versioni femminili dell’arte secentesca.
Patrizia Genovesi