Domenica 23 ottobre 2022 alle ore 17.00, per Rome Art Week la settimana dell’arte contemporanea, inaugura, negli spazi di Open Studio Patrizia Genovesi, il progetto video fotografico Tensione, con la direzione artistica di Patrizia Genovesi e le opere di Manuele Artibani, Marika Grossi, Giuseppe Palmeri, Federica Sarto, Margherita Segatta, Valerio Tamburrino, Fabio Vasco

 

La tensione genera movimento, ma talvolta porta alla paralisi. Può attivare le nostre energie e farci sentire motivati, capaci, in connessione con il mondo, oppure diminuire la nostra capacità di reazione, renderci rigidi, fragili, immobili. Il termine tensione definisce due stati opposti: andare verso qualcosa con entusiasmo curiosità e passione o al contrario temere qualcosa della quale non abbiamo controllo o i cui confini ci sfuggono.”

Gli artisti hanno indagato nella loro esperienza questi due stati rappresentandoli in modo personale per raccontare storie ed emozioni che stanno loro profondamente a cuore.
I temi della mostra e i volti della Tensione sono: paura, luce, movimento.

Paura. La paura genera tensione. A volte è paura di qualcosa della quale abbiamo esperienza, a volte è paura della paura stessa, oppure dell’ignoto. Capita anche che la nostra mente crei situazioni immaginarie che, proprio perché non sono tangibili, assumono forme inaspettate e minacciose che non ci danno modo di combatterle con armi concrete. Dare una forma a questi timori, in un certo senso “oggettivarli”, può aiutarci a contrastarli. Nel progetto si indaga il concetto di paura, di fobia e di mostro, termini spesso generici nei quali ciascuno ha la possibilità di trovare riferimenti concreti alla propria esperienza.

Luce. La passione per la luce è alla base dell’interesse di molti fotografi per le immagini. La luce modifica radicalmente la sensazione che abbiamo della realtà visibile. La luce è colore, tridimensionalità, costituisce un’attrazione per l’occhio e per la mente. Molti artisti vivono per la luce, studiano la luce, fanno della luce il centro dei loro scatti e il motivo delle loro composizioni. Questo tipo di tensione motiva l’artista, lo incuriosisce, diventa materia per la sua sperimentazione.
Lo sguardo del fotografo che ama la luce restituisce un’immagine non ordinaria della natura.

Movimento. Movimento e dinamismo sono due termini fortemente legati alla parola tensione. Nella danza il corpo modifica il suo stato interagendo con lo spazio, scandisce il ritmo, attiva la mente, finalizza i gesti. Il rapporto tra la mente e il corpo configura il nostro essere nel mondo.

Racconto. Alla regia si arriva attraverso tante strade, alla base c’è una spinta, una “tensione” il desiderio di portare una vicenda alla luce, sottrarla al tempo o a volte all’oscurità della dimenticanza, oppure inventarla totalmente, ma regalare sempre e comunque ad un pubblicoun’emozione. Non si nasce registi, lo si diventa obbedendo all’urgenza di raccontare.
Il racconto nasce ancora prima della scrittura, dà un’identità ai popoli, lega il passato al presente e al futuro.

Per partecipare all’opening accreditarsi a stampa.controcanto@gmail.com. I testi in catalogo sono
di Patrizia Genovesi; il catalogo online sarà disponibile dopo la chiusura di Rome Art Week e
comprenderà anche i testi degli artisti che saranno visibili durante la mostra.

INFORMAZIONI

Testi in catalogo di Patrizia Genovesi

Il catalogo online sarà disponibile dopo la chiusura di Rome Art Week e comprenderà anche i testi degli artisti che saranno visibili durante la mostra.

Open Studio Patrizia Genovesi

Via di Villa Belardi 18 – Roma

Orari di apertura fino al 27 ottobre:

lunedì ore 13-21, martedì ore 10-17, mercoledì ore 13-21 giovedì ore 13-21.

Mattina solo su prenotazione

Ufficio Stampa 

Roberta Melasecca Melasecca PressOffice – Interno 14 next
roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it
tel. 3494945612 – www.melaseccapressoffice.it

Manuele Artibani

Manuele Artibani

Studente

Mi chiamo Manuele Artibani, sono uno studente del 5° anno di liceo scientifico, durante questi due anni di quarantena mi sono interessato molto alle arti visive, un po’ come forma di fuga dalla vita giornaliera in isolamento ed in parte come un modo di fare uscire parti di me durante il periodo di crescita che è l’adolescenza.

All’inizio sperimentavo solo con arte digitale specialmente disegno, la fotografia come medium era come un cassetto chiuso nella mia mente, sapevo fosse lì ma pensavo di non essere pronto o non bravo abbastanza, per cui decisi di sfidarmi di più e di prendere seriamente questo hobby dell’arte, da 6 mesi sto intraprendendo un corso di pittura ad olio ed ormai sono studente di fotografia con Patrizia Genovesi da un anno, ho notato con il tempo che le nozioni che imparo con un corso posso applicarle all’altro, sviluppando un occhio per i dettagli mi è cambiato il punto di vista sulla natura e sui miei dialoghi interni.
Da quando ho iniziato questo percorso mi ha sempre interessato la luce, come si comporta in diversi ambienti e su diverse superfici, come può cambiare la percezione degli oggetti intorno a noi, come possiamo utilizzarla per descrivere artisticamente qualunque e come può essere utilizzata per farci sentire diverse emozioni (nell’ambito della direzione della fotografia fino a pittura e disegno).

Sono sempre stato teso quando dovevo creare qualcosa, mi davo aspettative troppo alte, cercando la perfezione ovunque, non capendo il processo di apprendimento, che è lento e quasi meditativo, qualunque cosa io facessi, da fotografia a pittura a disegni semplici su carta, avevo paura di rischiare, sempre timoroso di sbagliare e non poter tornare indietro.

È per questo che ho deciso di intitolare il mio primo progetto “La mia tensione inizia da una Ciliegia” un progetto da studente, per imparare, molto sperimentale, utilizzando luce naturale in tutte le mie fotografie per fare passi verso il diventare maestro di questa tipologia di luce, anche la composizione delle foto sono secondo me step nel mio percorso di apprendimento, nessuna è perfetta ma sono tutte parte di me, tutte necessarie per migliorare e per raccontare una storia.

 

 

Federica Sarto

Federica Sarto

Fotografa

QUALCOSA SU DI ME

La voglia di studiare, di conoscere, la curiosità verso la fotografia a livello più esteso rispetto al mio piccolo bagaglio, sono arrivate tardi, ma per fortuna sono arrivate. Dieci anni fa mi iscrissi alla facoltà di Beni Artistici e dello Spettacolo di Parma e tra le materie d’esame una mi affascinò più di tutte: il cinema. Iniziai a guardare i film con occhi diversi: non solo a viverne la storia, ma ad osservare inquadrature, luci, atmosfera…

E così mi misi alla ricerca di un corso di fotografia cinematografica; sono stata fortunata, ho trovato quello di Patrizia Genovesi.

Mi ha spiegato il ruolo della fotografia nel cinema; la figura del regista, quella del direttore della fotografia e tutte le figure che ci sono all’interno di un set cinematografico; gli strumenti, le tecniche di ripresa… Ed essendo quasi tutte lezioni singole, abbiamo potuto adattarne lo svolgimento alle mie esigenze ed affrontare direttamente la mia principale carenza: l’utilizzo della luce artificiale.

E’ stato molto complicato inizialmente. Fotografo da quando avevo vent’anni e l’ho sempre fatto sfruttando la luce naturale: ho sempre fatto del reportage, cercando di curare al meglio l’inquadratura, la composizione, cercando il momento giusto e preciso in cui scattare, tutti elementi fondamentali della buona fotografia, ma ho trascurato lo studio della luce artificiale.

Rimettermi in gioco con un argomento così complicato è stato faticoso. Le esercitazioni pratiche mi hanno messo a dura prova ma sono contenta del risultato che ho raggiunto. Sicuramente ho portato a casa insegnamenti preziosissimi e la mia curiosità è stata stimolata tanto, questo per me è fondamentale.

EMETOFOBIA

Questo progetto fotografico parla di una fobia poco conosciuta, spesso sottovalutata e banalizzata, con la quale convivo da quando ero bambina e che ha in parte condizionato la mia vita.

L’emetofobia è la paura del vomito. Chi ne soffre può avere il terrore di vomitare o di vedere le persone farlo e tale fobia può condizionare la vita al punto tale da non frequentare posti dove può accadere o, nei casi più gravi, a non mangiare più per timore che possa succedere.

Emetofobia racconta il terrore di guardare in faccia le paure e la consapevolezza di quanto sia importante invece riuscire a guardarle e affrontarle, per scioglierle, ridimensionarle e per capire che a volte le paure sono una parte di noi.

Consapevole che l’arte sia una cura, per chi la fa e per chi la guarda, con queste fotografie voglio darmi il permesso, voglio concedermi di esprimermi e liberarmi: voglio parlare di un argomento che per me è sempre stato un tabù, un motivo di vergogna da tenere nascosto.

 

Giuseppe Palmeri

Giuseppe Palmeri

Ingegnere

Ingegnere di professione, coltiva la sua passione per il video making e per la regia realizzando progetti audiovisivi, cortometraggi e documentari.

Intraprende lo studio della regia nel 2021 seguendo i corsi della Libera Università del Cinema di Roma con insegnante Patrizia Genovesi. 

Nel 2016 partecipa alla fondazione del canale online Yes in Sicily dedicandosi inizialmente alla realizzazione di video travel e brevi documentari sulla Sicilia. 

Oggi Giuseppe Palmeri conduce la regia dei progetti video prodotti con Yes in Sicily, un progetto che mette in sinergia diverse esperienze artistiche per raccontare la Sicilia con un linguaggio diverso ed emozionale, portando avanti la ricerca di un nuovo linguaggio e puntando su storie “normali”, quasi “invisibili”, trasformandole attraverso un percorso visivo ed emozionale in visual poem e visual story allo scopo di valorizzare i luoghi ove le storie realmente sono state vissute. 

Il visual poem dal titolo Confini a maggio 2022 ha vinto il terzo premio alla Biennale Letteraria in Umbria ed il visual poem dal titolo I giorni alla finestra è stato utilizzato da AISLA ONLUS nei canali istituzionali allo scopo di sensibilizzare sulla mission dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Infine, il docufilm Offstage, realizzato con gli allievi ed allieve della scuola di danza Choròs Arte Danza, ha vinto a luglio 2022 il primo premio, denominato Schiaccianoci d’Oro, al Festival Internazionale della danza e delle danze nella categoria “visioni in movimento”.

Giuseppe Palmeri parte dalla sua formazione scientifica per alimentare la sua ricerca del linguaggio visivo con uno studio ininterrotto, estendendo la ricerca alle sonorità, che in armonia con le immagini, possono evocare suggestioni ed emozioni racchiuse nelle storie invisibili che racconta. 

 

 

 

OFFSTAGE

 

“Offstage” è una storia di ragazzi, un racconto dentro la loro quotidianità̀. I protagonisti raccontano il proprio rapporto con la danza esplorandone il significato interiore in relazione con la propria anima, le emozioni, la poesia come racconto di sé stessi. Un dialogo intimo con i ragazzi che studiano danza che entra nelle loro vite e anime fino a diventarne una parte integrante, formativa e plasmante della loro crescita e personalità. Offstage diventa così un racconto introspettivo di studio, fatica, gioia e attesa fino all’attimo prima che si apra il sipario. Quello che succederà dopo il sipario è tutta un’altra storia che riguarderà le loro vite da adulti, da professionisti. Offstage è la realtà prima del loro futuro.

 

 

Valerio Tamburrino

Valerio Tamburrino

Fotografo

Sono un fotografo italiano, nato nel 1993. La mia passione per la fotografia si è sviluppata all’età di 23 anni, dopo aver frequentato i corsi di Patrizia Genovesi e della LUC – Libera Università del Cinema. Con la LUC ho iniziato a muovere i primi passi come fotografo di scena/backstage, curando la documentazione fotografica dei cortometraggi degli allievi della scuola. Ho collaborato con il quotidiano online Faccecaso. Lavoro con modelle professioniste e operatori dello spettacolo. Ho curato backstage fotografici e foto di scena di diversi cortometraggi e film. Nel 2020 ho curato le foto di backstage del cortometraggio “È stato solo un click” diretto da Tiziana Martini con la direzione della fotografia di Patrizia Genovesi. Nel 2022 ho preso parte come fotografo alla manifestazione “Cinemadamare” ed ho seguito come fotografo di scena/backstage le riprese del cortometraggio “Rotten Tree” di Lorenzo Gargano. 

IL MOSTRO

Ho deciso di rappresentare la PAURA attraverso il MOSTRO.

Cos’è il Mostro dal punto di vista psicologico? 

Il Mostro rappresenta le paure nascoste nel nostro subconscio. Scappiamo, cerchiamo di sfuggirgli, lui tenta di trascinarci giù, ma non riesce a prenderci.

Il Mostro rappresenta il nostro passato che può raggiungerci da un momento dall’altro, i nostri demoni interiori che possono prendere vita da un momento dall’altro. 

Cosa rappresenta il Mostro nella nostra società? 

Il Mostro rappresenta la paura che ci viene somministrata giorno per giorno dalla società moderna, con i suoi messaggi, i suoi media, l’esempio di certi politici, etc., che ci spingono ad odiare chi è diverso. 

La paura può essere anche emergere dal tradimento di un amico, o addirittura di un figlio come nel caso di Giulio Cesare, che secondo la tradizione ricevette proprio dal figlio Bruto l’ultima coltellata, come ricordano le sue ultime parole: “Anche tu, Bruto, figlio mio?”La società incarna il Mostro nella sua forma più pura perché è la prima a creare le nostre paure.

Il Mostro può essere compreso?

Possiamo comprendere il Mostro solo se ci avviciniamo ad esso per comprenderlo nel suo insieme (società, paure, demoni interni), senza farci condizionare dalle continue critiche della società che è intorno a noi.

 

 

Marika Grossi

Marika Grossi

Fotografa

QUALCOSA SU DI ME

Sono una fotografa professionista. Sono titolare dello studio fotografico “Due Cuori” dal gennaio 2020. Studio nato da una grande passione e dall’unione di due grandi cuori, che porto avanti con orgoglio insieme a mia madre. Mi occupo principalmente di servizi fotografici ad eventi e cerimonie, ma ho grandi aspirazioni per il futuro e voglio costantemente ampliare le mie conoscenze e capacità per toccare anche altri ambiti. Perché proprio la fotografia? Per me è lei, lo è sempre stata. Perché, per me, è proprio attraverso quell’occhio il modo migliore di guardare la realtà.

 

 

MURDER?

 

Stando al dizionario, “inquietante” è qualcosa che destabilizza, sconvolge chi lo guarda, produce angoscia in chi lo vive. 

Ecco che quindi, quando mi è stato chiesto di realizzare una serie di scatti sulla base di questa singola parola, non è stato difficile immedesimarmi sin da subito nelle sensazioni che quella data sequenza di foto avrebbe dovuto trasmettere. 

Aneddoto interessante: non sono mai stata una grande amante del genere horror. Eppure l’idea di questo progetto l’ho trovata entusiasmante. 

Poi mi sono chiesta: perché fermarsi a raffigurare l’inquietante, quando si ha il potere di farlo vivere attraverso una storia, come in un film? 

Una storia, dunque: il modo perfetto per raccontare come possa cambiare una persona apparentemente normale, per trasformarsi nella sua metà più oscura e nascosta.

E ora ti chiedo: guarderai più un semplice casale abbandonato con gli stessi occhi? O scapperai a gambe levate?

Margherita Segatta

Margherita Segatta

Studentessa

“per curiosità” è ciò che rispondo più spesso a chi mi chiede il perché dei miei comportamenti buffi, del mio osservare quasi ossessivo, delle mie ricerche assurde su Google. La curiosità ha sempre guidato la mia quotidianità fin da piccola, facendomi capire tanto del mondo attorno a me, con uno sguardo distaccato ma immersivo. La curiosità è per me un pilastro da allenare sempre ed è sicuramente una delle motivazioni per cui ho scelto di dedicare i miei studi al mondo del design: il mondo iper-complesso di oggi ha bisogno di qualcuno che si dedichi ad osservare con occhi attenti e imparziali, a ricercare i bisogni delle persone, le necessità reali – anche quelle più nascoste e inespresse. Il design sprigiona la sua forza perché allinea due mondi apparentemente molto lontani, la tecnica e il rigore con la fantasia e la creatività, e porta esempi concreti di come questo dualismo forse insolito non solo porti a risultati entusiasmanti e inattesi, ma sia proprio necessario nel nostro vivere quotidiano. Questo binomio tra scienza e creatività mi ha sempre guidata fin da bambina, ed è forse per questo che ad oggi, sullo scaffale in basso della mia libreria, si toccano di spalle due libri tanto diversi: “7 brevi lezioni di fisica” – il primo, “da cosa nasce cosa”, di Bruno Munari – il secondo.Poi è arrivata la fotografia, a ribadire nuovamente in me questo credo. La passione è sempre stata presente, mio nonno mi faceva vedere con grande orgoglio le sue macchine fotografiche; le custodiva con gelosia, a malapena potevo toccarle. La fotografia si è sempre affacciata timidamente alla mia finestra in questi anni, forse non troppo sicura di quello che io potevo donarle; poi ho deciso di spalancarle la porta e si è fatta strada come se mi conoscesse da tempo. E nuovamente mi ha ribadito come quel connubio tra tecnica ed emozioni sia il caposaldo della mia persona, e forse di tutti noi. La fotografia mi permette di guardarmi intorno con ancora più curiosità e attenzione; amo guardare ai dettagli delle cose, osservare comportamenti umani a cui non ho mai fatto caso e che improvvisamente, attraverso l’obbiettivo, diventano così evidenti e curiosi. Fotografare è diventato per me un modo di guardare il mondo e raccontarlo, prima a me stessa e poi agli altri. È più diretto delle parole, più personale ed espressivo della realtà.

SGUARDO ALLA NATURA

Tadao Ando, architetto giapponese di importanza internazionale, scrive che noi uomini “prendiamo in prestito dalla natura lo spazio su cui costruiamo”. La semplice frase raccoglie in sé un tema semplice quanto fondamentale, che guarda alla natura come proprietaria di ciò che siamo e di ciò che ci circonda, e troppo spesso posta in secondo piano. L’uomo deve reimparare a dialogare con la natura, a guardarla con occhi onesti, a studiarla, e perché no a contemplarla. Ci siamo assuefatti all’idea che la natura sia sempre presente, che faccia da sfondo alla nostra quotidianità, immobile come in un dipinto. E come davanti a tutti i dipinti, solo i più attenti analizzano tutti i piani narrativi, che spesso racchiudono in sé significati importanti e non sono mai scelti casualmente. I più ci camminano davanti e ne colgono solo il significato immediato e più evidente, per poi passare al quadro successivo. Queste foto vogliono guardare alla natura con gli occhi del passato, dandole il valore di protagonista che assume nella nostra realtà, ma che purtroppo poche volte le riconosciamo, sottraendoglielo con arroganza. Non nascondo che riuscire a fotografare la natura nel suo essere e nel suo succedere, ridarle il suo ruolo originario, non è stato facile, perché io medesima sono sempre stata proiettata a considerarla uno sfondo su cui agire. Man mano che scattavo mi sono fatta circondare e abbracciare da questa nuova concezione, e più scatti facevo più riuscivo a cogliere il vero pulsare di questo grande personaggio. Queste foto vogliono essere un augurio e una sfida, per riuscire a ridare alla natura lo spazio che con grande arroganza e pretenziosità le abbiamo sottratto. 

Fabio Vasco

Fabio Vasco

Attore

Fabio Vasco dopo la maturità e alcune esperienze teatrali a Bari, si diploma presso la scuola d’arte drammatica “TEATRO AZIONE” con sede a Roma, diretta da Isabella Del Bianco e Cristiano Censi; frequenta il Laboratorio dell’ “Accademia d’arte drammatica S. D’amico”. Si diploma nella prestigiosa scuola di perfezionamento professionale per attori del Teatro di Roma, Teatro Nazionale. Dopo il debutto a Roma al Teatro Tor Bella Monaca con diversi spettacoli lavora dal 2011 con il regista Marco Mattolini. E’ protagonista delle pièce di successo di Giovanni Franci come L’effetto che fa, liberamente ispirato al caso Varani.

Al cinema recita a fianco di Ahmed Hafiene nel film Le professeur di Mahmoud Ben Mahmoud dove interpreta un giornalista italiano venuto ad indagare sugli scioperi nelle miniere di fosfato.

Nel 2012 è protagonista della pubblicità internazionale della compagnia telefonica Tunisiana per la regia di Xavier Mairesse; Nello stesso anno fa parte del cast, della famosa “casa chiusa dell’arte”Dignità Autonome di prostituzione, uno spettacolo teatrale di Luciano Melchionna, in tournée per tutta Italia. In televisione dopo alcune esperienze per emittenti locali , debutta nella fiction per la Rai ,di Fabrizio Costa, la Tempesta. Al cinema dopo alcuni ruoli secondari debutta come protagonista nei film di Aurelio Grimaldi , Controtempo e  Riso , Amore e Fantasia di Ettore Pasculli. Partecipa , in un piccolo ruolo con Enrico Brignano , alla pellicola di successo Tutta un’altra vita di Alessandro Pondi. E’ tra i protagonisti della seconda stagione della fiction Rai L’allieva 2.

Scrive il cortometraggio POVERI DIAVOLI , finanziato dall’Apulia Film Commission, in cui interpreta un ragazzo che soffre di ritardo mentale, per il quale riceverà diversi riconoscimenti  come miglior attore. Dirige e interpreta il cortometraggio Papà uccidi il mostro, liberamente ispirato ad una storia vera. Studia Regia con Patrizia Genovesi alla Libera Università del Cinema.

 

UGHETTO FORNO

 

Un gruppo di bambini si ritrova nel quartiere municipio II di Roma per festeggiare la

promozione alla classe successiva. È il nuovo pallone della Champions League, regalo

fatto a Lorenzo, il più carismatico tra gli amichetti, il richiamo. Ed è fra un tiro ed un altro

che il pallone finisce oltre una cancellata, vicino ad un murales. Lorenzo e i suoi amici

chiedono l’aiuto di Marcello, vecchietto che conoscono un po’ tutti in quartiere, per

recuperarlo. Sarà lui a far emergere la storia che c’è dietro quel murales: il bambino

raffigurato è Ughetto Forno, eroe partigiano, morto per la patria il 5 Giugno 1944.

Successivamente è tentando di scavalcare la cancellata che Lorenzo cade e sbatte la

testa ritrovandosi in un attimo a rivivere quel 5 Giugno fra fumo e spari come se fosse

proprio lui Ughetto Forno. Ora tocca a Lorenzo essere coraggioso e spronare i suoi

compagni, anche loro catapultati in quella realtà, a salvare il ponte e mettere in fuga i

tedeschi. La partita di pallone si è trasformata in una partita ben più importante. I bambini

ottengono il risultato, i tedeschi sono stati allontanati. Ma durante i festeggiamenti un

colpo di mortaio scoppia vicino a Lorenzo. Il bambino si sveglia d’improvviso. Ha rivissuto

tutto, l’eroismo, l’adrenalina, la sensazione della fine. Al risveglio Lorenzo si sente un

bambino diverso. Il viso di Ughetto Forno è lì, maestoso, che lo protegge. Quello che,

poco prima, era stato solo un racconto ora è una realtà nella sua testa. Il pallone è

recuperato e, insieme a questo, la cosa più importante: il ricordo di Ughetto Forno. Il sole

sta calando e i ragazzini rientrano con le loro biciclette verso casa. Oggi sì, anche loro un

po’ eroi.