La fotografia oggi documenta il reale e preannuncia il possibile, ovvero rivela storie di vita e descrive visivamente mondi virtuali . Si pone come mezzo potente di indagine della sconvolgente scoperta che unisce lo spazio e il tempo in un’unica reale prospettiva
Non immagino nessuna prospettiva.
E’ una frase molto usata: rivela quanto la mente umana pensi quasi esclusivamente per immagini e le collochi all’interno di un percorso.
Quando ragioniamo ci “vediamo” localizzati in un posto e in un periodo storico, passato o futuro.
Quando guardiamo un’immagine l’occhio viene attratto dai punti di fuga e segue un percorso prevedibile all’interno dell’inquadratura, lo sguardo segue la successione dei piani e mette in relazione tra loro gli oggetti che si collocano lungo linee guida.
Una fotografia può anche essere composta come un quadro. Il fotografo sceglie pennelli e colori, sceglie gli oggetti della composizione e stabilisce tra di loro un rapporto di senso, coglie aspetti della realtà che si produce nell’istante davanti ai suoi occhi e li evidenzia collocandoli lungo direttrici prospettiche, posizionando la camera in modo da rendere più efficaci i contrasti di tono e di colore.
In questo modo egli rivela una realtà non appena ritraendola, ma agevolandone la leggibilità grazie all’uso abile di un linguaggio.
La fotografia ha la possibilità di suggerire, di entrare in punta di piedi nel mondo dello spettatore permette un’osservazione progressiva degli elementi che si svelano a chi guarda.
Viviamo tutti una sorta di grande presente. Capita che la nostra prospettiva, il “procedere verso” del nostro sguardo si collochi in uno spazio virtuale che rappresenta il “dove” e addirittura il “quando” della rappresentazione del nostro pensiero.
Dove? In un mondo virtuale “in potenza ma non in atto”, ovvero in un mondo possibile ma non del tutto compiuto.
Quando? Nel futuro. Un futuro reso presente da realtà come Second Life e da scenari di simulazione tridimensionale.
“I do not imagine any perspective”.
This is a commonly used sentence. It suggests that the human mind almost exclusively thinks by images and positions them along a track.
When we reason, we “see” ourselves in a defined location and period in history, in the past or the future.
When we look at a picture, the eye is attracted to the vanishing points and follows a predictable path in the image. The eye follows the succession of plans by linking together objects that are placed along guidelines.
A photograph can also be composed like a painting. The photographer chooses brushes and colors. She also selects the objects of the composition and establishes a relationship of sense between them. She captures aspects of reality that are generated in the instant before her eyes and highlights them by placing them along perspective lines, placing the camera so as to maximize the effectiveness of tones or colors contrasts.
By doing so, the photographer reveals a reality, not just portraying it, but making it easier to “read” it by skillfully exploiting a language.
Photography has the capacity to suggest, to enter on tiptoe into the viewer’s world. It allows a progressive observation of the elements that are revealed to the viewer.
We all live, so to say, in a sort of “large present”. It may happen that our perspective, the “moving towards” of our eyes, fall within a virtual space that represents the “where” and even the “when” of the representation of our thoughts.
Where? In a virtual, “in power but not in place” world: that is, a world that is possible but not entirely completed.
When? In the future. A future made present by realities such as Second Life and three-dimensional simulation scenarios.