L’alta definizione accentua la profondità dell’immagine, crea uno spazio, invita ad abitarlo. È un modo per creare il tempo è un modo per simulare la vita.
Forse è la difficoltà di pro-spettarsi, di “vedersi“in un futuro percependone un significato globale che ci porta a tentare di abitarelo spazio proprio dell’immaginazione.
Ci sentiamo vivi quando abbiamo una prospettiva, una progressione, non solo perché percepiamo il tempo come la misura del cambiamento, benché le nuove scoperte della fisica ci mandi molto oltre,ma perché leghiamo il movimento, la variazione e la progressione, al percepirci e all’esistere.
È come se definire la realtà la rendesse più reale, oserei dire meno mortale, più persistente, la imprimesse nelle nostre viscere impedendole di sfuggirci.
Perhaps it is the difficulty of “seeing” ourselves in the future and perceiving a global significance from it, that leads us to try to inhabit a space which is typical of imagination.
We feel alive when we have a perspective, a progression, not only because we perceive time as the measure of change – although the new discoveries in physics project us well beyond – but because we link movement, variation and progression to perceiving ourselves, to existing.
It is as if defining reality would make it more real, dare I say it less deadly, more persistent; impress it in our self, preventing it from escaping.