Roma, 15 aprile 19 Officine Fotografiche. Patrizia Genovesi racconta Luigi Ghirri.Luigi  Ghirri vedeva la fotografia come uno strumento per attivare un modo diverso di vedere, una chiave per riscoprire e reinterpretare il mondo attorno a noi. Non si limitava a documentare la realtà ma la reinventava attraverso la lente della sua percezione personale, cercando di rappresentare le sue sensazioni interne e di mettere in discussione la natura dell’immagine stessa. La sua ricerca artistica spaziava dal considerare la fotografia come una forma di conoscenza a un linguaggio per porre domande sul mondo, spingendo sempre verso una riflessione e non verso soluzioni definitive. Ghirri era affascinato dai luoghi e dall’ambiente, vedendo nel paesaggio una possibilità infinita di nuove prospettive e di scoperta. Nel suo approccio, il processo di scattare fotografie era quasi inverso: partendo dall’immagine e riflettendo sui parametri tecnici dopo aver riconosciuto le foto che risuonavano con la sua sensibilità. Ghirri esortava a una “lettura lenta” della fotografia, privilegiando la contemplazione e l’approfondimento di fronte alla rapidità di consumo visivo del nostro tempo.

La novità estetica di Luigi Ghirri risiedeva nel suo approccio unico alla fotografia, che rifletteva sia la sua formazione professionale di geometra sia il suo interesse per l’arte concettuale. Ghirri usava la fotografia non solo per documentare il mondo ma per esplorarlo e riscoprirlo, cercando di trasformare la realtà in qualcosa di simile a un’apparizione, un riflesso di qualcosa di non del tutto noto. Le sue immagini, pur essendo ancorate nella realtà, mostravano un modo di vedere che si potrebbe considerare quasi come una forma di mappatura concettuale, dove il confine tra reale e irreale era un territorio esplorativo. Ghirri si concentrava sulla fotografia come processo creativo, piuttosto che come semplice mezzo di registrazione della realtà. Questo significava sfruttare l’atto fotografico come modalità per indagare e comunicare, sperimentando con il medium per esplorare idee intorno alla percezione e alla rappresentazione. La sua opera agisce come una sintesi di azione e pensiero, radicata nella storia ma originata nel presente, e pone l’attenzione sul mondo in modi che possono essere interpretati sia come documentazione che come visione personale.

Ghirri vedeva le sue fotografie come costruzioni, come oggetti creati, piuttosto che come semplici immagini; le sue erano “carte” e “mappe” che diventavano fotografie. Il suo lavoro di geometra ha influenzato profondamente la sua arte, portandolo a vedere e a creare con precisione cartografica. Questo si rifletteva in immagini che, sebbene apparentemente semplici, richiedevano un’attenta riflessione per essere veramente comprese e apprezzate. Ghirri stesso esprimeva il desiderio di dare alle persone un numero infinito di identità, dall’essere fotografo a soggetto, da oggetto di sguardo a osservatore.