Conversazioni sull’opera di Robert Doisneau 

Seminario a cura di Patrizia Genovesi

Roma 19 gennaio 2013, ore 19,30

I fotografi, da sempre condizionati dal contesto storico, si sono
interessati nel tempo alla guerra, alle realtà urbane, ai media, alla
pubblicità, alla moda, alla vita quotidiana.
Tra tutti, ne sono passati alla storia alcuni che, ponendosi come
pionieri nell’uso di questo nuovo strumento – scoperta scientifica del
XIX secolo -, riuscirono a crearne un linguaggio artistico
profondamente legato alle arti figurative del secolo scorso: si tratta
di fotografi-artisti che hanno lasciato un segno tangibile nel tempo,
tale da influenzare la fotografia odierna e divenire modelli da
imitare.

L’incontro si propone di approfondire la figura di Doisneau in
concomitanza con la mostra “Robert Doisneau. Paris en liberté” in
programma fino al 3 febbraio 2013 al Palazzo delle Esposizioni di Roma
promossa dall’Atelier Doisneau e dalla Fondazione Alinari in
collaborazione con la Ville de Paris in occasione del centenario della
nascita del fotografo.
Verranno analizzati, l’opera e il contesto in cui Doisneau si trovò a
operare, e che lo portarono a interagire con altri grandi artisti
dell’epoca, fotografi pittori e scultori.

“A mettermi in moto è sempre stata la luce del mattino, mai il
ragionamento. D’altronde che c’era di ragionevole nell’essere
innamorato di quello che vedevo?”
Robert Doisneau

Pioniere insieme a Cartier-Bresson del fotogiornalismo e della street
photography, Robert Doisneau è stato innanzitutto scultore, litografo
e illustratore. E poi fotografo. Di fotografia pubblicitaria e
industriale per la Renault all’inizio, di moda per Vogue in seguito. E
perennemente di vita per sé. Ma comunque portato a sentirsi artigiano
e artista, uno e molti quindi, ma sempre uguale a se stesso.
Indipendente e libero. Freelance ante litteram seppur legato
all’agenzia Rapho per quasi cinquant’anni, questo “fotografo umanista”
ha fatto dell’empatia la sua cifra stilistica, ponendo sempre al
centro dei suoi scatti la persona, attento a cogliere “lo spettacolo
gratuito e permanente della strada” e a relazionarlo con l’ambiente e
lo spazio circostante, fissandolo quindi storicamente e garantendogli
così un valore intrinseco eterno, oltre che una dignità
documentaristica.
È così che ha contribuito a mitizzare Parigi, la città cui dedicò la
maggior parte dei suoi scatti, e i parigini, capaci di grandi slanci
romantici così come di situazioni surreali, quasi paradossali,
eccentriche, umoristiche, da lui colte sempre in maniera discreta, per
nulla invadente, e filtrate con sguardo tenero, bonario, divertito ma
mai derisorio o ridicolizzante. Lo sguardo di un uomo profondamente
innamorato della vita in tutte le sue espressioni, poeta del semplice
e quotidiano.

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Via di Villa Belardi, 18